maggio 27, 2005

The Aviator


E’ la storia di Howard Hughes (Leonardo Di Caprio), una delle figure più controverse della storia americana del secolo passato. Magnate del petrolio, il giovane Hughes ha una passione per il volo e decide di investire le proprie risorse nella costruzione di velivoli sia commerciali che militari. Ma Hughes - che come dice Scorsese ha in sè le strambezze tipiche dei pionieri - nutre anche altre passioni: il cinema e le donne (“non si sa con quale ordine”). Morirà in solitudine a 71 anni nel 1976, consumato dalle ossessioni che gli avevano devastato il cervello.
Con "The Aviator", Martin Scorsese continua a raccontarci la sua America. Infatti, se con "Gangs of New York" ci dava la sua lettura della nascita dell'America, con questa sua ultima opera ne descrive la parabola dell'ascesa fino alle più alte vette del potere a cui consegue, ineffabile, il declino, ingrato frutto delle sommità raggiunte.
The aviator è un Icaro che si era avvicinato troppo al sole, un antico sovrano greco minato dalla follia. Presentandolo alla stampa, Martin Scorsese ha attinto alla mitologia e alla storia per descrivere la parabola umana del miliardario Howard Hughes, The Aviator. E in effetti ha il sapore della grande epica, la forza della tragedia classica e echi di drammi shakespeariani.
Pur fermandosi prima che la pazzia si facesse manifesta, The Aviator mostra luci e ombre di un personaggio molto controverso e per certi versi inquietante. L'entusiasmo e i lampi
di genio sono tutt'uno con le frequenti turbe psichiche. Di Caprio, sottoposto ad una vera e propria prova d'attore maturo, salta da un registro all'altro, dal giovanile all'entusiastico dal sensuale al paranoico, dando corpo ad un personaggio di grande, ambiguo fascino.
Splendide le riprese aeree, mozzafiato gli scorci ricostruiti da Dante Ferretti della Hollywood del periodo d'oro, la Mecca del cinema che Hughes contribuì a cambiare con le sue strambe ma geniali intuizioni. Maestosa è la ricostruzione dell'America dell'inizio degli anni '30 fino agli inizi degli anni '60: scenografie, costumi, musica restituiscono un'opera certamente grandiosa e completa. Scorsese mette in campo tutta la sua passione filologica per la settima arte e alla fine
sembra trovare nell'Aviatore l'ennesima parabola dell'uomo travolto dalla sua stessa grandezza che attraversa tanto del suo cinema. Il film è un grande racconto, anche a costo di qualche cedimento allo spettacolo. Passato attraverso il montaggio serrato e nervoso di Scorsese, Hughes diventa quasi l'icona di un capitalismo intimamente bacato, minato al suo stesso interno.

La concorrenza è una farsa, la guerra è un affare, la politica e le leggi si comprano, i soldi e il potere danno alla testa.”