maggio 13, 2005

Alla luce del sole


Chiamato dal vescovo di Palermo a occuparsi della parrocchia di un quartiere alle porte della città, Brancaccio, dove era nato, in meno di due anni Giuseppe Puglisi era riuscito a costruire un Centro di accoglienza. Qui, coadiuvato da un gruppetto di giovani volontari, lottava giorno dopo giorno per salvare dalla perdizione decine di piccoli innocenti. Presto capì che per incidere in quel tessuto disgregato bisognava fare e dare di più. Fare e dare di più significava scontrarsi contro l'inerzia del potere locale: per avere una rete fognaria, una scuola, un distretto sanitario, tutte cose che a Brancaccio mancavano da sempre. Inevitabilmente il suo percorso lo porta a entrare in conflitto con gli interessi del potere mafioso...

Roberto Faenza (già regista di Prendimi l'anima) mette sullo schermo gli ultimi due anni di vita di padre Pino Puglisi (Luca Zingaretti), coraggioso parroco palermitano assassinato il 15 settembre del 1993.
Ed è un bene che il cinema italiano torni a parlare di mafia. Padre Puglisi non solo ebbe il sogno
ambizioso, del recupero e dell'avvio ad una autentica cultura della legalità di ragazzi e fanciulli, ma anche il coraggio di realizzarlo in un luogo e in un momento tra i più neri nella storia del Paese. Brancaccio è infatti storicamente il quartiere dei boss, il luogo in cui lo Stato cede il posto alla violenza della mafia.
Tale situazione era tanto più grave tra il 1992 ed il 1993, nel momento in cui la mafia sferrava contro lo Stato la peggiore offensiva che la storia d'Italia ricordi, culminata nell'assassinio dei giudici Falcone e Borsellino e negli attentati di Roma, Firenze e Milano. Come Faenza mostra efficacemente, questo è il quadro in cui padre Puglisi svolge la propria opera, in una situazione di profonda solitudine e di isolamento da istituzioni, gerarchia ecclesiastica e dalla stessa gente di Brancaccio che il parroco si era proposto di riscattare. La costruzione di un Centro d'accoglienza è forse uno dei momenti cruciali della vicenda di padre Puglisi ed anche l'evento che lo porterà in rotta di collisione con gli interessi mafiosi del quartiere.
Pino Puglisi è un martire, e Faenza rende il suo martirio un atto di ribellione contro un ordine precostituito apparentemente immutabile, ma anche una testimonianza di fede, grazie anche all'intensa interpretazione di Luca Zingaretti. Comprimari d'eccezione però sono i tanti bambini e ragazzi verso cui il parroco rivolge i propri sforzi: giovani e giovanissimi costretti a vivere sulla propria pelle la frattura tra il nascente bisogno di legalità suscitato da padre Puglisi e la tradizione familiare legata alla criminalità organizzata.
Il regista non ha alcuna indulgenza per i cosiddetti uomini d'onore, che anzi vengono mostrati come uomini bestiali, portatori solo di violenza e viltà. Ci sono voluti anni per riconoscere il valore dell'opera di padre Puglisi e questo film testimonia ulteriormente come il suo sacrificio non sia stato vano ma offre anche oggi una scintilla di speranza.

"Io sono venuto qua per aiutare la gente perbene a camminare a testa alta".