Buon giorno, notte!

Il 16 marzo 1978 Aldo Moro, presidente del Consiglio e leader della Democrazia cristiana in procinto di aprire nel suo governo la partecipazione al PCI, viene sequestrato dalle Brigate Rosse e per 55 giorni resta prigioniero all'interno di un appartamento di via Montalcini a Roma. Il 9 maggio viene ritrovato morto nel bagagliaio di una macchina in via Caetani. Tra i sequestratori c'è Anna Laura Braghetti, autrice del libro Il prigioniero (Feltrinelli), che racconta la quotidianità di quei 55 giorni all'interno della casa-prigione. Bellocchio dichiara che il libro della Braghetti è stato la fonte più preziosa per la ricostruzione dei fatti raccontati nel film, anche se “…gli episodi che abbiamo preso dal libro sono stati cambiati, trasformati e traditi”. Chiara (Maya Sansa) ha 23 anni e fa parte del gruppo dei carcerieri di Moro (Luigi Lo Cascio, Pier Giorgio Bellocchio, Giovanni Calcagno). Attraverso il suo sguardo - talvolta perso, spesso impaurito, inconsapevolmente o consapevolmente miope sulla realtà che la circonda - prende corpo il complesso mondo degli anni di piombo. Chiara è Bellocchio stesso, cioè lo sguardo del regista sulla scena ed infatti essa si muove negli ambienti e nei meccanismi narrativi come un'altra macchina da presa; aggrappata a quel filo di emozioni che l'ideologia e la disciplina della lotta di classe (meccanicamente enunciata da un livido e già sconfitto Lo Cascio/Moretti) recidono continuamente, Chiara si scopre sempre più a disagio nel ruolo di combattente e nel confronto con la ferocia distruttiva di chi le vive e le dorme accanto. La ribellione del personaggio di Chiara, assente nel libro della Braghetti e completamente inventata da Bellocchio, è il motore del film.
Indifferente a qualunque forma di ricerca della verità ( “Non mi ha mai interessato in questo film cercare di capire chi ha ucciso Moro, chi c'è dietro. Sono cose importantissime, tragicamente fondamentali, ma in questo film mi interessava altro” ), dolente, visionario, personale al limite dell'intimità (Bellocchio si emoziona raccontando che le scene oniriche in cui Moro passeggia libero all'interno dell'appartamento, tra i terroristi addormentati, gli sono state ispirate dal ricordo delle passeggiate notturne di suo padre) eppure straordinariamente efficace nella rappresentazione di un'epoca e di un paese, Buongiorno, notte è un film sorprendente e meraviglioso.
Alla conferenza stampa viene letta la lettera nella quale Giovanni Moro, figlio dello statista ucciso, commenta il film: “Trovo che Bellocchio, scegliendo deliberatamente di riflettere sulla esperienza dell'uomo Aldo Moro in carcere senza vincoli o ambizioni di ricostruzione storica o di fedeltà all'insieme dei fatti e degli atti noti, abbia davvero illuminato aspetti importanti di quella vicenda”.
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