marzo 30, 2003

Il pianista


Ci ha messo una vita intera Roman Polanski per arrivare ad attingere linfa autoreferenziale dalla drammatica esperienza vissuta da bambino nel ghetto di Varsavia ma, una volta superato il comprensibile blocco, è riuscito a realizzare un indiscusso capolavoro della sua maturità, con una storia sulla Shoah di una bellezza disarmante, di un ineccepibile rigore formale ed al contempo di una durezza indicibile. Il pianista è ispirato ad una storia vera, l’odissea del giovane ed affermato pianista Wladyslaw Szpilman, ebreo polacco, costretto ad interrompere l’esecuzione in diretta radiofonica di un notturno di Chopin quando i tedeschi invadono la Polonia nel 1939 e quindi a farsi trasportare in una tortuosa spirale di incomprensibili orrori propri del Nazismo o direttamente innescati dal Nazismo: prima il disincantato esilio tra le mura del ghetto con la famiglia, poi la spietata lotta per la sopravvivere alla fame ed agli stenti, l’estemporanea fuga da un treno diretto ai campi di sterminio (cui non scamperanno i suoi familiari), l’insostenibile attesa della fine della guerra in un appartamento e quindi tra le macerie disabitate del ghetto. Paradossalmente sarà proprio un ufficiale tedesco ad aiutarlo a tirare avanti durante gli ultimi, estenuanti giorni prima della liberazione. Tornato alla vita ed alla dignità umana, Szpilman potrà riprendere il concerto interrotto anni prima. Vincitore di una meritatissima Palma d’Oro a Cannes 2002, Il pianista è un film intenso da far male, a tratti lirico ma mai enfatico, dotato di un’efficace sobrietà documentaristica, brutalmente realistico nella resa di una società devastata dalla guerra ma eterogenea: Polanski ci mostra ebrei talvolta spietati e nazisti all’occorrenza capaci di gesti di umanità, ribaltando la tipica logica manichea costante in pellicole di questo genere. Il pianista racconta anche un approccio graduale, prima attonito e quindi disilluso, alla follia del Nazismo: il protagonista, interpretato dal bravissimo Adrien Brody, dopo aver accettato con atteggiamento incredulo le restrizioni delle leggi razziali, la ghettizzazione della propria famiglia e della sua gente, dal momento in cui è costretto a darsi alla clandestinità diventa anche un testimone privilegiato della barbarie nazista, un voyeur allibito e progressivamente assueffatto agli assassinii estemporanei ed ingiustificati, alla vista sconvolgente di bambini e vecchi morti d’inedia ai bordi delle strade, smarrito dinanzi all’egoismo ed all’opportunismo di vittime come lui, stritolato dai morsi della fame, impotente dinanzi alle macroscopiche smagliature della storia. Distante anni luce dalla retorica buonista di Schindler’s List, al di fuori dalla contaminazione brillante de La vita è bella (o di Monsieur Batignole) e dalla vena sognante di Train de vie, Il pianista è una storia magnifica nella sua brutale crudezza e nel suo conciso minimalismo: l’ennesima riflessione sul lato oscuro dell’umanità elaborata da Polanski nella sua lunga carriera, da Rosemary’s baby fino a La nona porta.

marzo 29, 2003

The hours


Una storia che si intreccia su più piani narrativi unendo le vite di tre donne di epoche diverse, tutte accomunate dalla voglia di vivere la loro esistenza in modo diverso da quello che la società ha scelto per loro e dal romanzo "Mrs. Dalloway". La prima è la stessa Virginia Woolf (Nicole Kidman, praticamente irriconoscibile grazie ad una protesi nasale) che nella Londra degli anni '20 lotta contro la follia, che ormai la aggredisce sempre più spesso, tentando di terminare la stesura del suo ultimo romanzo, "Mrs. Dalloway" appunto. Virginia è indipendente e lontana anni luce dai valori familiari che governano la società del suo tempo e quindi tenta inutilmente di dibattersi fuori dal suo stagno esistenziale riuscendo soltanto ad aumentare la sua amarezza. La seconda è Laura Brown (una Julianne Moore catapultata direttamente fuori dal set di "Far from Heaven"), insoddisfatta casalinga americana del dopoguerra, che trasfigura i suoi desideri di evasione nel romanzo che sta leggendo, "Mrs. Dalloway" ovviamente. Anche lei sembra incapace di realizzare i suoi sogni di indipendenza, come la scrittrice prima di lei, e sembra pronta a mettere in gioco tutta la sua vita. La terza, ed ultima, è Clarissa Vaughan (Meryl Streep, finalmente tornata ad un ruolo adatto alla sua bravura), una sorta di incarnazione contemporanea di Mrs. Dalloway o forse della stessa Woolf, l'unica che apparentemente sembra essere stata in grado di dirigere la vita lontano dai binari del conformismo abbracciando così una felicità che alla fine si dimostra più complessa del previsto.

Stephen Daldry, dopo la sorprendente linearità di "Billy Elliot", suo primo grande successo, costruisce una trama dall'incredibile complessità strutturale, giocata tra continui rimandi tra le tre protagoniste. Il regista sfrutta abilmente i punti di contatto tra le vite delle tre, per effettuare i passaggi d'epoca necessari alla storia. Emblematica la sequenza d'apertura, indimenticabile soprattutto per la sua perfetta fusione di tempi e storie. Il romanzo di Michael Cunningam, da cui è tratta la pellicola, ha il raro pregio di portare un'opera classica nel nostro tempo rendendola attuale e fruibile; completamente incentrato sull'universo femminile, ne esplora i dubbi, le incertezze e le delusioni.
L'efficacia del tutto è comunque indiscutibilmente subordinata alla bravura delle tre protagoniste, forse le migliori attrici in circolazione al momento. Triste, disperato, ma emozionante.

Curiosità: la Kidman è mancina ed ha dovuto imparare a scrivere con la destra per interpretare Virginia Woolf.

La chicca: proprio in apertura vediamo la Woolf scrivere una lettera al marito utilizzando fronte e retro di un foglio, ma quando il marito legge la lettera questa è su due fogli.

"Non si può trovare pace evitando di vivere."

marzo 28, 2003

Il favoloso mondo di Amelie


Dopo il travolgente successo riscosso in Francia, finalmente esce anche in Italia questo bellissimo film di Jean Pierre Jeunet ("Delikatessen", "Alien - La clonazione" ).
Amelie è una piccola e delicata ragazza che vive a Parigi un'esistenza solitaria ed appartata. La sua vita trascorre senza sussulti ed è caratterizzata da una calma piatta. Poi, improvvisamente, quasi per caso, trova qualcosa che le permette di fare del bene ad una persona fino ad allora per lei sconosciuta. Questa apparente insignificante evenienza farà di lei una paladina di tutti i diseredati, deboli, sconfitti, e depressi che gravitano attorno al suo mondo. Come un angelo farà breccia nel mondo di questi paria, anche in maniera indiscreta, con l'intento di recare loro una luce di benevolenza e simpatia, trasformando le loro vite grazie ad una innata e travolgente inventiva e punendo leggiadramente chi approfitta delle disgraziate esistenze altrui.
Questa è Amelie, meravigliosamente interpretata con leggero disincanto dall'esordiente Audrey Tautou, dallo sguardo delicatamente spensierato, uno di quei personaggi il cui spessore e la cui resa rendono nobile l'arte del recitare e l'arte dello scrivere. Un'amica, una tenera amante, una figlia dolce ma attenta, una compagna che sempre vorremmo al nostro fianco per sostenerci e consigliarci. Ma Amelie non è forgiata solo con la sostanza degli angeli, Amelie è anche di carne ed ossa: è dotata di umanità ed è anche umana. Allora, questo suo impegnarsi per gli altri, questo prodigarsi nel dispensare quiete e serenità, diviene per lei un gioco, ora gaio ora crudele, nel quale riuscirà a risolvere anche quelli che sono i suoi personali problemi.
Come detto, "Il meraviglioso mondo di Amelie" - è un bel film. Una di quelle pellicole dove tutte le componenti dell'opera contribuiscono a fornire un risultato più che eccellente. La storia - a tratti ricorda le iperboliche storie gravide di personaggi di Daniel Pennac - raccontata da riprese attentamente studiate, dove i colori assumono connotazioni pregnanti e precise, si eleva per originalità e freschezza. La caratterizzazione dei personaggi è sempre approfondita e ben resa da dialoghi interessanti e mai banali. La recitazione degli attori - fra i quali spicca Rufus ("Train de vie", "Delikatessen") un attore caro a Jeunet, nei panni di una personaggio caratterizzato da una gelosia ossessiva e maniaca - è di alto livello.
Curiosità: il bar dove Amelie svolge la sua attività di cameriera, che si trova a pochi passi dall'abitazione del regista, è già diventato un luogo di culto per gli appassionati parigini.

Consigliato a chi si innamora dei personaggi delicati e angelici.

marzo 21, 2003

A beautiful mind


Abbandonati da tempo i panni di gladiatore e dimenticati quelli del nerboruto ex soldato, poi agente esperto in rapimenti e riscatti, Russel Crowe ritorna ai ruoli di composizione e ancora una volta come fu per "Insider" riceve una nomination agli Oscar.
Diretto da Ron Howard, Crowe interpreta la difficile vita di un genio matematico premio Nobel John Forbes Nash Jr..
Ammesso nel 1947 con una borsa di studio al corso di specializzazione post laurea in matematica dell'esclusiva Università di Princeton, Nash è letteralmente ossessionato da un unico pensiero: trovare un'idea veramente originale. Sebbene all'interno del dipartimento di matematica ci sia una grande competitività, Nash non se ne preoccupa concentrato com'è sul suo unico proposito.
A soli 22 anni, dopo aver sovvertito contraddicendola, la teoria dei giochi di Adam Smith, padre dell'economia moderna, John Nash diviene l'astro nascente della "nuova matematica", tanto da vedersi offerto l'ambitissimo posto di ricercatore e professore all'università.
Ma gli impegni universitari e il progetto top secret di decodifica di alcuni codici segreti, affidatogli dall'agente governativo William Parcher, conducono rapidamente il giovane genio alla schizofrenia. Una interpretazione indubbiamente straordinaria, quella di Crowe, sebbene non sia affatto supportata da una regia se non originale, almeno vivace. A parte il comprensibile momento di tensione della scoperta della propria malattia, il resto della storia nonostante la sua eccezionalità, viaggia su binari piuttosto ovvi, in cui l'intensità della recitazione dei protagonisti, nessuno escluso, non riesce a sollevarne le sorti.
La lotta impari di Nash contro la sua malattia e lo scontro tra ragione e follia che non avrà mai realmente fine, sono trattati come brevi e fugaci momenti della vita di un uomo dalle doti eccezionali.
Il controllo che Nash riuscì ad avere con il solo aiuto della propria forza di volontà sui personaggi che la sua mente malata continuava a mantenere vivi, è ridotto a poche immagini e solo l'intensa partecipazione di Crowe riesce a tratti a coinvolgere.
La straordinaria storia di coraggio e di amore, sostenuta da una indistruttibile forza di volontà viene così ridotta ad un racconto piatto e banale dal finale commovente.

marzo 14, 2003

Prendimi l'anima


Dopo tre anni di silenzio Roberto Faenza torna al cinema con la storia di Sabine Spielrein, diciannovenne ebrea di origini russe, che nell'agosto del 1904 venne ricoverata nell'ospedale Burgholzli di Zurigo e affidata alle cure psichiatriche di Carl Gustav Jung. In preda ad una violenta crisi di isteria la ragazza si trasformò immediatamente in un caso clinico, il primo trattato psico-analiticamente - ovvero secondo i dettami di Sigmund Freud - di cui il giovane analista si considerava discepolo. Sabine però non fu solamente un successo terapeutico di Jung, ne fu anche l'amante, protagonista di un dramma d'amore e di psicoanalisi che si rivelò solamente nel 1977, con il ritrovamento del diario di Sabine e del carteggio tra i protagonisti di un inatteso triangolo amoroso. Nelle lettere che i due analisti si scambiarono e tra le pagine del diario si disvelarono infatti la passione della giovane donna per il proprio medico e il timore di uno scandalo che il grande maestro suggerì di soffocare ad ogni costo.

Nel suo film il regista italiano rende sensuale ed erotica la relazione tra Sabine e Jung, sebbene non sia veramente chiarito nelle parole scritte, e sconvolgente e doloroso il distacco dell'uno dall'altra, lasciando quest'ultima alle prese un'anima indebolita da una infermità psicologica ancora presente in parte. Faenza traduce in immagini i lunghi anni di ricerche che lo hanno portato anche in Russia, dove la Spilrein tornò dopo aver completato i suoi studi di medicina ed essersi specializzata in Psico-analisi e Psicologia. In realtà la personalità di quest'ultima è stata a lungo offuscata dall'oblio degli anni della guerra fredda e dalla relazione sentimentale che era invece da ritenersi solamente un episodio della sua vita. Restano infatti in una vita relativamente breve (morì a 57 anni uccisa dai nazisti, durante l'occupazione di Rostov nel 1942) l'importante esperienza dell'Asilo Bianco e la pubblicazione di alcuni saggi specializzati con i quali la psicoanalista contribuì in modo rilevante alle teorie dello stesso Freud.

Un sentito omaggio ad un personaggio che la scienza della psicoanalisi ha completamente e forse volutamente dimenticato, e magistralmente interpretato dalla giovane Emilia Fox.

marzo 13, 2003

Rassegna 2003


Il genio e la follia

Amiamo la vita non perche’ siamo abituati
alla vita, ma perche’ siamo abituati ad amare. C’e’ sempre un po’ di follia nell’amore. Ma c’e’ sempre un po’ di ragione nella follia
.”
[ F.W. Nietzsche, Cosi’ parlo’ Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno.]
Prendimi l’anima (2002) di Roberto Faenza
Cast: Craig Ferguson, Iain Glen, Emilia Fox
Venerdi 14 marzo 2003

Agli inizi del secolo scorso, viene ricoverata in un ospedale psichiatrico di Zurigo una giovane russa afflitta da una grave forma di isteria. Sabina Spierlein è la prima paziente di un giovane medico, Carl Gustav Jung, che adopera per la prima volta con successo il metodo del maestro Sigmund Freud. Il regista si colloca agli esordi delle ragioni della psicoanalisi ed intuisce l'impossibilità di amare e curare nello stesso tempo, ma coglie la scommessa del dottor Jung e della psicoanalisi che, scoperto l'amore come motore della storia e della vita del soggetto, non vogliono rinunciare all'enorme potere che esso lascia sospettare e alle potenzialità trasformative che promette.


A beautiful mind (2001) di Ron Howard
Cast: Cast: Russell Crowe, Jennifer Connelly, Ed Harris, Paul
Venerdi 21 marzo 2003

Ispirato alla vita del matematico John Forbes Nash vincitore, nel 1994, del premio Nobel per la sua teoria dei giochi, destinata a trovare applicazioni in molteplici campi, dall’economia alla fisica. Realta’ e follia sono mescolati con un linguaggio semplice e originale. “Le equazioni dell’amore” lo aiuteranno a superare le paure e ad accettare di convivere e dialogare dolcemente con le sue allucinazioni.

Il favoloso mondo di Amelie (2001) di Jean-Pierre Jeunet
Cast: Audrey Tautou, Mathieu Kassovitz, Rufus, Yolande Moreau, Artus de Penguern
Venerdi 28 marzo 2003

Amelie è una piccola e delicata ragazza che vive a Parigi un'esistenza solitaria ed appartata. La sua vita trascorre senza sussulti ed è caratterizzata da una calma piatta. Poi, improvvisamente, quasi per caso, trova qualcosa che le permette di fare del bene ad una persona fino ad allora per lei sconosciuta. Questa apparente insignificante evenienza farà di lei una paladina di tutti i diseredati, deboli, sconfitti e depressi che gravitano attorno al suo mondo. Come un angelo farà breccia nel loro mondo, anche in maniera indiscreta, con l'intento di recare loro una luce di benevolenza e simpatia, trasformando le loro vite grazie ad una innata e travolgente inventiva e punendo leggiadramente chi approfitta delle disgraziate esistenze altrui.

The hours (2002) di Stephen Daldry
Cast: Nicole Kidman, Julianne Moore, Meryl Streep, Toni Collette, Ed Harris, Claire Danes
Venerdi 4 aprile 2003

La vita di due donne, sebbene in epoche diverse tra il 1923 ed i giorni nostri, è in qualche modo legata al romanzo "Mrs. Dalloway" della grande Virginia Woolf. Nel 1923 la stessa Virginia Woolf mentre sta scrivendo il libro si trova a dover combattere contro la depressione e il pensiero del suicidio. Nel 1949 Laura Brown, casalinga di Los Angeles in attesa di un bambino, deve organizzare una festa per il compleanno del marito ma non riesce a staccarsi dalla lettura del libro della Woolf. Nella New York del 2000, Clarissa Vaughn vuole dare una festa per l'amico e ex compagno Richard, famoso scrittore che sta morendo di AIDS, che la chiama 'Mrs. Dalloway'. Presentato in concorso alla 59ma mostra del cinema di Venezia (2002). Golden globe come miglior film drammatico e a Nicole Kidman come migliore attrice in un ruolo drammatico 2002. 9 nominations agli oscar 2003


Il pianista (2002) di Roman Polanski
Cast: Cast: Adrien Brody, Thomas Kretschmann, Julia Rayner, Jessica Kate Meyer
Venerdi 11 aprile 2003

Wladyslaw Szpilman era un pianista di talento, ebreo polacco vissuto a Varsavia durante il periodo dell'occupazione tedesca. Questo film racconta la sua storia vera, narrata dallo stesso Szpilman in un libro scritto subito dopo la fine della guerra.
"Nelle sue memorie ci sono polacchi buoni e polacchi cattivi, ebrei buoni ed ebrei cattivi, tedeschi buoni e tedeschi cattivi...". Questo è uno dei motivi per cui Roman Polanski ha deciso di realizzare questo film, bellissimo ma durissimo, anzi, bellissimo perché durissimo. Il film e’ pervaso da un senso di disorientamento ed una assoluta incapacità di comprendere quale debba essere l'atteggiamento giusto per cercare di salvare la propria vita e quella dei propri cari. In realtà, ci si rende conto, che non esiste una soluzione, una via di uscita, perché di fronte alla cieca brutalità delle teorie naziste non esiste un granello di ragione che possa far inceppare l'inumano meccanismo. E’ stato premiato all’ultimo festival di Cannes.